Hai mai sentito parlare delle pajare salentine? Si tratta di costruzioni che caratterizzano la regione, che lasciano stupiti chi le vede da vicino.
Mettersi alla scoperta di tutto quello che il territorio che abbiamo intorno è in grado di offrire può essere davvero interessante e dovrebbe essere un’occasione da non sprecare. A volte, infatti, in questi casi si potrebbe venire a conoscenza di qualcos di del tutto ignoto ma che può affascinare. Questo non può che essere valido anche quando si tratta di analizzare alcune particolarità architettoniche che a volte sono a noi vicino, ma di cui non ci rendiamo conto.
E’ il caso delle pajare salentine, che sono tipiche, come è facile dedurre dal nome, del Salento, zona che spesso viene presa d’assalto ogni anno da tantissimi turisti. Molti di loro, così come gli abitanti, finiscono però per apprezzare quell’area soprattutto per il mare, che è certamente tra i più belli, ma si perdono qualcosa che è altrettanto pregiato.
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Che cosa sono le pajare salentine
Le pajare salentine sono delle costruzioni architettoniche tipiche del Salento, che si distinguono per le caratteristiche tipicamente rurali, essendo realizzate in pietra a secco. Chi ha avuto modo di vederle potrà certamente notare alcune piccole somiglianze con i Trulli di Alberobello, che sono certamente più noti, ma si distinguono nella maggior parte dei casi per la presenza di un unico ambiente.
Anche gli occhi meno attenti potrebbero però ravvisare alcuni elementi che le rendono del tutto differenti dai Trulli. Questi ultimi, infatti, hanno in genere dimensioni più vaste e danno subito l’idea di qualcosa di lussuoso, pur trattandosi di una struttura antica. Nel caso delle pajare salentine, invece, spicca subito il loro tetto, sorretto dalle pietre che formano le pareti laterali e dalla forza di gravità.
Chi ha avuto modo di entrarci almeno una volta potrebbe essere inoltre rimasto sorpreso dall’ambiente fresco, cosa difficile da ritrovare in realtà costruite in zone dove il sole è spesso cocente.
Le caratteristiche distintive
Le pajare saentine, come detto, hanno in genere dimensioni estremamente ridotte, non hanno finestre e sono caratterizzate da una costruzione all’insegna della semplicità. La loro forma è in genere a cono, con pietre che possono avere dimensioni diverse tra loro, così da dare ancora di più l’idea di rustico.
La loro altezza ridotta obbligava il saraceno che doveva accedere all’interno ad abbassarsi, cosa che non era però particolarmente comoda, specialmente se si aveva la necessità di usare la struttura come forma di difesa da un nemico. Le pareti sono poi estremamente spesse, da un minimo di tre a un massimo di cinque metri, cosa che riduce ancora di più la sua superficie.
Come venivano costruite
Le pajare salentine non sono altro che piccole capanne di pietra, simili ai Trulli della valle d’Itria ma con il cono tagliato, risalenti all’anno mille, anche se ci sono storici convinti che alcuni esemplari risalgano a un periodo ancora precedente.
In quella fase il terreno era spesso difficile da coltvare e caratterizzato da numerose pietre, per questo lo spirito dei salentini, che li portava a valorizzare al massimo quello che avevano, li ha spinti a utilizzarle per costruire un loro rifugio. Nel frattempo, veniva anche conservata la paglia, da cui prende il nome e gli attrezzi da lavoro.
Con il passare del tempo le loro dimension sono cresciute, pur senza arrivare a niente di enorme, trasformandosi in qualcosa di essenziale per chi non aveva alcun rifugio. Per i contadini le pajare erano una sorta di loro tesoro, perché consentiva loro di stare vicino a quella che era comunque la loro terra, nonostante le difficoltà nella coltivazione, così da controllarne l’evoluzione.
Com’era la vita all’interno
Nella maggior parte dei casi a soggiornare qui erano famiglie numerose, composte anche da cinque persone, per questo gran parte dell’area doveva essere occupata dai loro giacigli per dormire (ovviamente qualcosa di totalmente diverso dai nostri letti). A questo si aggiungevano poi delle piccole panche per sedersi, realizzate con pezzi di tronco.
I pasti erano ovviamente all’insegna dell’essenzialità, consumati in un piatto di argilla. Nella maggior parte dei casi le popolazioni dell’epoca erano costrette ad accontentarsi di erbe selvatiche lessate e cereali, frutto dei loro orti. La scorza di cipolla veniva invece utilizzata come cucchiaio, era impensabile avere posate per tutti.
Sfruttare il più possibile quello che si aveva era determinante, per questo i residenti erano poi riusciti anche a realizzare al fianco delle pajare salentine un forno, dello stesso materiae. Questo accessorio permetteva di fare il pane da consumare nelle varie giornate.